lunedì 9 gennaio 2017

Sing

Vissi d'arte, vissi d'amore



Buster Moon è un koala che possiede e gestisce un teatro in crisi. Fare l'impresario è da sempre il suo grande sogno, e così decide di giocare un'ultima carta per evitare il fallimento: organizzare una competizione canora e ospitare i migliori nel suo teatro, mettendo in palio un modesto premio di 1000 dollari. Per un errore di battitura, tuttavia, il materiale pubblicitario finisce per riportare un premio di 100.000 dollari, attirando l'interesse di tutta la città e mettendo Buster con le spalle al muro. Ma l'intraprendente koala ha ancora qualche asso nella manica.

Dopo il cinepanettone per bambini di Minions e il divertente ma poco originale Pets, l'Illumination Entertainment di Chris Meledandri torna con un film che offre, un po' inaspettatamente, più livelli di lettura. Quello più superficiale e meno originale è quello della gara canora, versione casereccia dei talent che imperversano in televisione, attraverso cui i vari partecipanti cercano un riscatto economico e personale. La varietà di caratterizzazioni e motivazioni dei personaggi è già una sorpresa: si va da Rosita, maialina madre di 25 cuccioli che troverà nel canto il modo di uscire dalla sfiancante routine domestica, e Ash, porcospina punk rock (in originale ottimamente doppiata da Scarlett Johansson) alla ricerca dell'equilibrio tra autorialità e successo commerciale. Tra i concorrenti, riuscitissimi sono i personaggi di contorno, come il maiale ballerino Gunther e la girl-band giapponese che ricompare nei momenti più inaspettati.

Al centro della scena c'è però lui, Buster Moon (doppiato in originale da Matthew McConaughey), il personaggio che incarna il secondo messaggio di Sing, un racconto ironico ma anche drammatico sulle difficoltà materiali di chi persegue un lavoro artistico, soprattutto se da imprenditore, stretto tra il sogno di donare al pubblico un pizzico di magia e la cruda realtà degli incassi in picchiata, del pubblico disinteressato, di un passato glorioso che sembra ormai morto e sepolto. Buster Moon è una figura comica e tragica al tempo stesso (non per niente il suo nome di battesimo è quello di Buster Keaton), che non può che attirare le simpatie del pubblico nei suoi goffi e geniali tentativi di racimolare soldi per salvare il suo teatro. Il momento in cui deve umiliarsi pur di tirare avanti è senza dubbio il più commovente del film, anche se viene depotenziato dal successivo cambio di atmosfera, troppo repentino e innaturale.
La difficoltà nel perseguire il proprio non è solo materiale, ma anche morale: tutti i personaggi del film vengono, prima o poi, derisi per le loro aspirazioni, ritenute ridicole da un mondo che non dà più valore alla cultura e allo spettacolo, in cui tutto è mercificato e avere una passione che non porta denaro sembra non avere alcun valore. Per quanto il film poi perda di vista questo tema nel finale (molto "classico" e buonista), questi emerge con sufficiente vitalità nelle altre scene per non essere dimenticato dopo i titoli di coda.

Il film ha un buon ritmo e mescola con sapienza generi diversi sfruttando le sottotrame dei vari personaggi (come ben descrive Marianna Cappi su Mymovies). Tuttavia, la sceneggiatura ha parecchi buchi, soprattutto nel finale, dove il desiderio del lieto fine prevale nettamente sulla coerenza narrativa, riducendo la forza e l'originalità del film. Ed è un po' un peccato, perché per il resto Sing funziona bene, fa ridere (molto) e anche riflettere, e segna comunque un deciso passo in avanti in termini narrativi per l'Illumination, che nei film successivi a Cattivissimo Me sembrava più preoccupata di ripeterne le gag che le intuizioni narrative.

***

Pier

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