lunedì 20 ottobre 2014

Il giovane favoloso

Una biografia dell'anima



Il racconto della vita di Giacomo Leopardi, dall'infanzia di "studio matto e disperatissimo" a Recanati fino alla morte in quel di Napoli, passando per la contrastata esperienza fiorentina. Un viaggio attraverso la poesia e l'animo del poeta, accompagnato dalla lenta deformazione del suo corpo.

Portare al cinema la vita di Giacomo Leopardi è impresa complessa e audace, soprattutto in Italia: la figura è complessa sotto molteplici punti di vista, e il suo multiforme ingegno difficilmente si presta a un inquadramento preciso e definito quale quello richiesto da un'opera biografica tradizionale. Servirebbe qualcosa come ciò che ha realizzato Todd Haynes con Io non sono qui, in cui Bob Dylan viene raccontato da angolature diverse, attraverso attori diversi e storie diverse, nel tentativo di restituire il caleidoscopio artistico della sua opera. In Italia, tuttavia, un'operazione di questo genere è impossibile, e Martone non sarebbe comunque il regista indicato per portarla avanti. Il regista napoletano riesce però a evitare il rischio fiction tv, e realizza un film rigoroso, che nel suo impianto classico riesce ad avere qualche spunto innovativo.

Leopardi viene raccontato attraverso ciò che più lo rappresenta, le sue parole, che permeano tutto il film, fuoriuscendo da lettere, poesie e racconti per entrare nel parlato, nella sua vita di tutti i giorni. Attraverso la sua viva voce ripercorriamo l'ambiguo rapporto con il padre Monaldo, sia mentore che carnefice, l'amicizia con Ranieri, l'impietoso e inesorabile incedere della malattia che ne avrebbe deformato il corpo. Elio Germano dà voce e fisico al poeta con una prestazione sublime e misurata, in cui riesce a rendere lo strazio interiore di Leopardi senza scivolare nella gigioneria né nell'eccesso.
La musica, moderna come composizione ma fuori dal tempo nel suono, accompagna alla perfezione le vicissitudini di Leopardi, divenendo non solo complemento alle immagini ma parte attiva del processo narrativo.

Martone dirige il film con mano sicura, inserendo all'interno di una biografia classica alcuni elementi visivi di forte impatto (la Natura matrigna, il finale), che contribuiscono ad arricchire una trama per il resto molto classica e con poco slancio nello svolgimento e nell'impostazione. Nonostante la durata eccessiva e alcuni momenti artificiosi e ridondanti, il film stimola e coinvolge lo spettatore, fino a un finale emozionante, in cui la penultima poesia di Leopardi, La ginestra, diviene la summa della sua vita e della sua esistenza, testamento spirituale di un intellettuale incompreso dal suo tempo e dalla famiglia, ma che ha segnato in modo indelebile la storia della letteratura non solo italiana.

***1/2

Pier

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