giovedì 27 febbraio 2014

12 anni schiavo

Molto rumore per poco

 

USA, 1841. Solomon Northup è un uomo di colore che vive nello stato di New York. E' nato libero, e si guadagna da vivere come musicista grazie alle sue doti di violinista. Attirato a Washington, DC, con la prospettiva di un ricco ingaggio, viene fatto ubriacare, imprigionato e venduto come schiavo a un proprietario terriero del Sud. Passeranno dodici anni prima che riesca a tornare in libertà, dodici anni in cui sopporterà le peggiori atrocità e crudeltà di cui l'uomo è capace.

Dopo il successo di critica ottenuto con Shame, Steve McQueen torna alla regia con un film annunciato come forte, un pugno allo stomaco, una cronaca senza sconti dell'orrore dello schiavismo. 12 anni schiavo manca invece totalmente del coraggio e della provocatorietà dei precedenti lavori del regista, Shame ma soprattutto Hunger, in cui il progressivo abbrutimento fisico e morale dei protagonisti era analizzato con occhio clinico, vivisezionando freddamente la loro psicologia e fisicità. Qui invece la regia è debole e poco incisiva, oscillando tra pietismo e crudo realismo in un'indecisione che finisce per minare la forza del messaggio del film. 12 anni schiavo è un buon film, ma non è un gran film: ottimamente interpretato e sorretto da una fotografia di altissimo livello, la pellicola tradisce le aspettative proprio in quello che dovrebbe essere il suo punto forte, offrendo una rappresentazione dello schiavismo terribile e raccapricciante, ma di impatto nient'affatto maggiore rispetto a quello di altri film sul tema come Amistad o Django. Il primo risulta migliore per quanto riguarda la descrizione del quadro sociale che rese possibile la schiavitù, mentre il secondo presenta le violenze subite dagli schiavi con una crudezza non certo inferiore e meno artificiosa e pretenziosa. La sensazione è che McQueen sia stato più attento a creare immagini d'impatto che a raccontare una storia, realizzando così un film senz'anima che riesce a commuovere e coinvolgere lo spettatore solo negli splendidi venti minuti finali.

La trama scorre lentamente, tra alcuni momenti inutilmente prolungati e altri ripetuti all'infinito senza che aggiungano nulla di significativo alla storia. Il film è però sorretto da una sontuosa prova collettiva del cast, capitanato da un Michael Fassbender sadico e violento e dalla sofferta interpretazione di Chiwetel Ejiofor, che presta tutto se stesso a una parte difficile e fortemente introspettiva. Accanto a loro sono da segnalare le prove di Paul Dano, pavido schiavista, e di Benedict Cumberbatch, capace di rendere fin dalle prime inquadrature tutta la complessità del suo personaggio. La fotografia alterna immagini di sublimi orrori e terribile bellezza, con panorami mozzafiati macchiati di sangue che si alternano a scene di tortura riprese in campo lungo in un'atmosfera di bucolica pace.  

12 anni schiavo rappresenta un passo indietro nell'opera di McQueen, in grado sì di piacere a un pubblico più ampio, ma mancante di quella forza eversiva e di quel coraggio che avevano fin qui contraddistinto l'opera del regista. Resta comunque un buon film, che racconta con fedeltà e veridicità il capitolo più terribile della breve storia degli Stati Uniti, narrando attraverso un dramma privato la barbarie dello schiavismo. Da vedere, ma senza aspettarsi nulla di rivoluzionario.  

***  

Pier

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