venerdì 7 giugno 2013

Solo Dio perdona

L'eleganza dello scorpione e l'eccesso della katana



Julian e il fratello gestiscono una palestra di thai boxe a Bangkok. In realtà l'attività è una copertura per il traffico di droga, coordinato dagli USA dalla madre dei due. Quando il fratello violenta e uccide una ragazza, il padre di lei si vendica, assassinandolo. Julian decide di perdonarlo, ma a cambiare i suoi piani arriva la madre, sconvolta ma determinata a vendicarsi.

Sovraccarico. Questo l'aggettivo che meglio definisce il nuovo film di Nicolas Winding Refn, un regista che in passato non ci aveva certo abituato a film giocati in punta di fioretto. Tuttavia, la logica narrativa della violenza che sosteneva Pusher,Valhalla Rising e Bronson, e che aveva raggiunto il suo momento di massimo splendore e completamento in Drive, diventa qui un puro esercizio di stile, costruito attorno a una trama inesistente e a una serie di avvenimenti e personaggi pretestuosi e poco approfonditi.

Laddove Drive si muoveva con l'eleganza e il terribile splendore di uno scorpione lungo il sottile equilibrio che separa il capolavoro dal trash, Solo Dio Perdona scivola inesorabilmente verso il secondo. La cosa di per sè non sarebbe un problema, se non fosse che le pretese autoriali del regista lo rendono scadente anche come B movie. L'azione è pressochè assente, confinata pressochè interamente in una scena di combattimento, che manca di incisività nello studio dei corpi e della violenza. Ogni rissa di Bronson, ogni istante della scena del bagno turco de Le promesse dell'assassino di Cronenberg erano pervasi e dominati dal corpo, analizzato in maniera quasi scientifica, in tutta la forza (e la debolezza) di muscoli e carne. Qui Ryan Gosling, questa volta stranamente poco convincente e fuori parte, non riesce a trasmettere alcuna sensazione, se non quella di un sacrificio immotivato e inutile, non sorretto da alcuna motivazione psicologica.

La regia non salva una trama scarna e piatta, ma riesce addirittura a peggiorarla, caricando eccessivamente a livello visivo un film che aveva invece bisogno di essere alleggerito e ridotto il più possibile all'osso per esaltarne il messaggio macbethiano e conferirgli così una parvenza di significato. Refn smette di essere se stesso e si mette a "fare Refn", disegnando e dirigendo un film talmente di maniera che sembra quasi un'autoparodia. La fotografia, pur eccellente, non basta a salvare un film senza capo nè coda, che si trascina stancamente verso un finale che non emoziona e non colpisce.
Restano alcune scene di alto livello (l'interrogatorio nello strip club su tutti), un poliziotto-killer con katana che convince nonostante l'approfondimento psicologico tendente allo zero, e una Scott-Thomas superba, che domina la scena in ogni momento in cui appare, vera dea ex machina della vicenda, novella Medea disposta a tutto, anche a sacrificare il figlio, pur di ottenere vendetta.

Solo Dio perdona è un film mal riuscito, caricato oltre l'inverosimile per cercare di renderlo un film d'autore, e che finisce invece per non essere nemmeno un buon film di genere. Refn non riesce a ripetere l'ottima prova di Drive, e fa un deciso passo indietro nella sua carriera di regista, segnando un'involuzione rispetto anche ai suoi lavori più sperimentali come Valhalla Rising. La katana del poliziotto, a differenza della giacca con lo scorpione, resta un oggetto vuoto, senza significato, una citazione tarantiniana posticcia che rappresenta perfettamente il fallimento del film.

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Pier

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