giovedì 21 febbraio 2013

Les Miserables

Tra Oscar e inutilità



Francia, 1821. Jean Valjean ha trascorso 19 anni in carcere per avere rubato un pezzo di pane. Dopo essere stato finalmente rilasciato, cerca ospitalità presso un'abbazia, da cui ruba alcuni preziosi oggetti d'argento. Quando viene catturato, le guardie lo portano davanti all'abate perchè riconosca il furto, ma questi sostiene invece di aver regalato gli oggetti a Jean, salvandolo dal ritorno in carcere. Questo produrrà un cambiamento nell'ex galeotto, che userà gli oggetti d'argento per iniziare una nuova vita onesta. Sulle sue tracce, tuttavia, si metterà Javert, inflessibile e implacabile ispettore di polizia, convinto dell'impossibilità della redenzione di un malvivente.

La trasposizione in musical dell'immortale opera di Victor Hugo è stata un clamoroso successo teatrale, prima nel West End e poi a Broadway. Tom Hooper, fresco vincitore dell'Oscar per Il Discorso del Re, ha deciso di accettare la sfida posta dalla trasposizione cinematografica di un musical quasi interamente cantato, in costume e con un forte carattere melodrammatico. La scommessa viene vinta solo in parte: la trasposizione è probabilmente la migliore possibile, con una regia fortemente empatica, che insiste sui personaggi con lunghi piani sequenza e primi piani, presentando al pubblico ogni sfumatura delle loro espressioni, sia vocali che facciali. L'innovativa scelta di far cantare alcune canzoni dal vivo sul set, anzichè registrarle in studio, regala alcuni momenti di vera commozione.

Gli attori sono tutti convincenti, a cominciare dai due protagonisti: Russell Crowe offre il suo sguardo duro ma malinconico al personaggio di Javert, Hugh Jackman presta la sua fisicità al galeotto redento Valjean. Intorno a loro gravitano un Sasha Baron-Cohen e una Helena Bonham-Carter perfetti nel loro ruolo meschini cialtroni, che portano al film dei rari momenti di leggerezza.
Un discorso a parte merita la performance di Anne Hathaway, in particolare il lungo piano sequenza in primissimo piano in cui canta "I dreamed a dream": un momento poetico ed emozionante, in cui l'attrice riesce a trasmettere forte realismo e pathos. Hooper riesce in questo caso a costruire una scena perfetta per intensità e coinvolgimento, che dovrebbe valere alla Hathaway l'Oscar per la miglior attrice non protagonista, senza se e senza ma.

Resta però un problema di fondo: per quanto Hooper abbia indubbiamente fatto un ottimo lavoro, Les Miserables non costituisce un buon materiale per fare un film. Troppo lento, troppo cantato, troppo patetico nel finale, dove spesso arriva a sfiorare il ridicolo, riuscendo sempre a evitarlo per il rotto della cuffia. L'operazione di trasposizione cinematografica risulta quindi un insuccesso, generato non dall'incapacità di chi l'ha svolta, ma dall'oggettiva estraneità di questa materia rispetto al mezzo filmico. Il musical perde infatti tutte le sfumature che fanno de I miserabili di Hugo un grande romanzo, riducendolo a un grande melodramma cantato, in cui le disgrazie si succedono a ritmi veritiginosi e lo spettatore viene travolto dall'angoscia e dalla noia. Si rimpiange più volte il film tv con Depardieu e Malkovich, capace invece di trasmettere le sfaccettature del romanzo di Hugo.

Les Miserables risulta quindi un fallimento, nonostante delle ottime prove d'attore e una regia oggettivamente di altissimo livello. Quello che suscita dubbi è l'operazione in sè, che cerca di rendere cinematografico un qualcosa che cinematografico non è, lasciando lo spettatore a chiedersi: ce ne era veramente bisogno?

**

Pier

1 commento:

  1. Un fallimento totale no, si salvano delle canzoni davvero belle! Certo, trasporre un romanzo come I miserabili già è stato azzardato in passato, farne poi un musical lo è stato ancora di più e portare il musical al cinema è troppo.

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