sabato 13 novembre 2010

Stanno tutti bene

La garanzia di un attore come De Niro


Robert De Niro è Frank Goode, un lavoratore americano in pensione. Quando i suoi figli li comunicano che non sarebbero stati in grado di andarlo a trovare per Natale, Frank, contro il consiglio del medico, prende il treno, attraversa l'America, e li raggiunge uno ad uno. La realtà non è quella che Frank aveva immaginato, e la vita dei figli non è così rosa e fiori come gli veniva raccontata.

Stanno tutti bene è la versione americana del film omonimo di Tornatore del 1990. Sebbene il film italiano era noioso e ripetitivo, con una morale chiara ma poco concreta, Kirk Jones è magistrale nel costruire il film attorno ad un De Niro inedito e di poche parole. Questo splendido attore abbraccia una recitazione pulita e diretta, orientata a comunicare la convinzione apparente del protagonista della vita perfetta dei figli; Frank, solo adesso capisce gli errori fatti in buona fede, conseguenza del suo desiderio di far vivere ai propri figli una vita migliore.

Il film è fortemente emozionale e per molti aspetti ne richiama un altro simile: A proposito di Schmidt. In fase crepuscolare, due grandissimi attori come Nicholson e De Niro, si calano nei panni di due anziani che ripensano malinconicamente alla loro vita; se nel film di Nicholson il rapporto con la figlia è marginale, in Tutti stanno bene, il focus è proprio la dimensione paterna di De Niro e dove i figli sono la materializzazione del suo fallimento come padre. Il regista è straordinario nel sottolineare la bontà di Frank e la sua buona fede negli atteggiamenti, ed è proprio questo a dare una forte dimensione emozionale al film; si percepisce infatti la grande sofferenza del protagonista dovuta alla consapevolezza di essere la causa di tutti i mali dei figli.

Gli attori sono pazzeschi, con un De Niro nuovo, ma anche con Drew Barrymore e Sam Rockwell in grande spolvero; il film è costruito bene, mai banale né noioso e con una dimensione emozionale davvero inaspettata.

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Alessandro

1 commento:

  1. Per chi non lo avesse visto, attenti agli spoiler!!!
    Credo che il commento sia un po' ingeneroso nei confronti del film di Tornatore.
    Fermo restando che un De Niro in stato di grazia ha sfoderato una performance eccellente, e il film di Jones rimane comunque un buon film, credo che abbia la pecca di cadere in quella che sembrava ormai una prassi superata da Hollywood, e cioe' il voler lasciare un messaggio positivo. Nel film di Tornatore, i figli, allontanatisi da un padre che li schiacciava con le sue aspettative, sono effettivamente delle persone infelci, lavorativamente ed affettivamente, che hanno fallito nel tentativo di costruirsi la vita che volevano. Le citta' in cui vivono, grigie e fredde, sono quasi dei personaggi che manifestano il disagio delle loro situazioni. Mentendo al padre, sul fatto che "stanno tutti bene", mentono in realta' a loro stessi, e la figura del padre rappresenta uno specchio che non hanno (e non trovano) il coraggio di guardare.
    Nel remake questo concetto viene stravolto, i figli sono effettivamente delle persone felici (eccezion fatta per David) e mentono al padre soltanto perche' la loro felicita' non corrisponde alla vita che lui si immaginava. Il concetto viene un po' semplificato e banalizzato, nonche' la forzatura del lieto fine appare anche fuori luogo (la cena di natale con tutta la famiglia riunita, decisamente evitabile).
    Questo rende sicuramente il film piu' leggero ed appetibile per il grande pubblico ma, per chi ha apprezzato il realismo e la crudezza del film di Tornatore, il messaggio ne esce completamente stravolto, e la forza del racconto e' decisamente inferiore.

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