lunedì 16 novembre 2009

Gli abbracci spezzati

Quando il cinema si mescola con la vita





Non sono mai stato un grande fan di Almodovar; ho sempre avuto difficoltà a decifrare quelle storie morbosamente al limite che sono il suo marchio di fabbrica. Tuttavia, ho sempre nutrito stima per il regista, unico nel descrivere in modo così profondo e complesso il mondo femminile e quelle tragiche ed estreme passioni che, per quanto malate, erano sempre colme di un amore puro e innocente.

Nel suo nuovo film, Gli abbracci spezzati, Almodovar riprende il filone passionale e, per la prima volta, lo immerge in un contesto cinematografico che richiama da un lato i torbidi noir hitchcockiani (non è un caso l'esplicita citazione di "Notorius"), e dall'altro le tragiche screw ball di Douglas Sirk. Il film si snoda attraverso due filoni temporali, uno presente e uno passato, l'uno la conseguenza diretta dell'altro. E' la storia di Mateo Blanco, regista talentuoso che, dopo aver perso la vista in un incidente stradale, ha cambiato nome e lavoro, diventando lo sceneggiatore Harry Caine. La notizia della morte di un ricco industriale, Ernesto Matel, riapre una vecchia ferita che lo spinge a raccontare a Diego, suo aiutante, i fatti che segnarono tragicamente la sua vita. E' una storia d'amore, morbosa, forte e complessa che lo ha segnato talmente nel profondo da averlo convinto a cambiare identità. Non racconterò il finale per non rovinare la sorpresa.

La trama è molto intricata, così come il suo significato. Diversamente dai suoi precedenti film, Almodovar racconta la passione e la gelosia, non come spauracchio delle sue paure ed esperienze personali vissute durante l'adolescenza, ma come elemento di riflessione sullo strumento cinematografico. Se fino a Gli abbracci spezzati, Almodovar ha utilizzato il cinema come mezzo personale, con il suo nuovo lavoro sembra quasi voler ragionare su questo suo utilizzo, cercando di evidenziare quanto dolore riserva la (sua) vita sempre più vicina alle (sue) storie raccontate al cinema (non è un caso che il film di Mateo Blanco è un'esplicita citazione al suo Donne sull'orlo di una crisi di nervi). Il risultato è un film per il, più o meno, grande pubblico, che si può appassionare alla storia curata, con la solita perfezione stilistica e di fotografia, e che, insieme ad una musica coinviolgente e incalzante, riempie di patos il film.

Questo cambiamento di stile e significato non gli risparmia, tuttavia, errori narrativi e di struttura generale, figli probabilmente di una complessità della trama non da poco. Molte scene allungano e non servono, e molti colpi di scena sono prevedibili e non scioccano come dovrebbero, o come sarebbe intenzione del regista.

Consigliato comunque a tutti, anche a chi non apprezza particolarmente Almodovar.

***1/2

Alessandro


2 commenti:

  1. Il film ha diviso la critica, a me è sembrato uno dei suoi film meno riusciti. Non trasmette il suo amore per il cinema, personaggi incosistenti e senza anima.

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  2. Come detto io non sono un suo grande ammiratore, però in questo film noto una maggiore maturità nel raccontare passioni finalmente non fini a se stesse. Sono d'accordo, assolutamente questo non è il suo film migliore (Parla con lei è di ben altro spessore) però per la prima volta ha fatto un film per il pubblico e non per se stesso.

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