giovedì 18 dicembre 2008

Ridley Scott - Nessuna Verità


Che il regista Ridely Scott non fosse più quello di "Alien", di "Blade Runner" e dei "Duellanti" lo si era già capito dal "Gladiatore" del 2000. Ma le aspettative legittimamente alte per il suo nuovo film sono state per l'ennesima volta deluse da una retorica di narrazione e da un modaiolo sentimentalismo anti americano che trasformano il suo nuovo film, "Nessuna Vertità" in un povero film di denuncia.

Il film è stato tratto dal romanzo di David Ignatius, giornalista del Washington Post esperto del mondo medio orientale, ed adattato dallo sceneggiatore William Mohan, lo stesso che ha fatto vincere Martin Scorsese l'oscar con il film "the Departed". Sfortunatamente, anche se ci si poteva aspettare un film del medesimo genere, il risultato è immensamente distante in ogni suo dettaglio a partire dalla colonna sonora.

Roger Harris (Di Caprio) è un agente della CIA in incognito che cerca di catturare in Giordania, Al Saleem, un pericoloso terrorista . Deve, però, vedersela con Ed Hoffman (Crowe), il suo manipolatore boss in costante collegamento telefonico da Washington e col fin troppo presente Hani (Mark Strong), capo dei servizi segreti giordani. Ognuno ha il suo piano e diversi modi per realizzarlo.

Scott dimentica completamente l'analisi del personaggio di Blade Runner e sopratutto dei Duellanti, che nel film è particolarmente assente mostrando i tre protagonisti privi di un'anima e di una chiara personalità. Il più delineato è l'agente Hoffman con un discreto Crowe anche se troppo sadico nel suo essere indifferente e patetico nel suo sarcasmo. Divertenti involontariamente gli altri due: Hani è più americanizzato che mai con una vaga somiglianza ad Andy Garcia, mentre Di Caprio firma un tanto evidente quanto grave passo indietro rispetto a The Departed nel rappresentare un personaggio che richiama tanto quello interpretato in Blood Diamond (inutile quanto improbabile storia d'amore con una mussulmana) per il quale non sembra assolutamente tagliato.

Le scene da dimenticare sono troppe, partendo dall'amore tra Di Caprio e la bella mussulmana che sfocia in luoghi comuni e retorica (quando Di Caprio si trova ad affrontare la sorella per pranzo oppure quando per dimostrarli la sua caparbietà l'accompagna in un quartiere palestinese) fino ad arrivare alla scontata vittoria di Hani su Hoffman volendo sottolineare in modo superficiale e prevedibile la testardaggine e la spavalderia americana.

Il film è scorrevole ma nel complesso insipido e vuoto perdendo il confronto con tutti i suoi predecessori del genere, come Syriana. Aspettiamo ancora con speranza un ritorno trionfale di Scott, che da troppo tempo sembra aver perso colpi addirittura nei confronti del fratello Tony.

** (*****)

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